Le impronte papillari latenti 1° parte

 

 

 

 

Un importante elemento di validità probatoria ai fini dell’identificazione dell’autore di un reato è costituito dalle tracce, note con il termine di “impronte papillari”. L’interesse attribuito a questo mezzo di investigazione, proprio dell’identità giudiziaria, deriva dalla unicità delle caratteristiche conformazionali di ogni singola impronta digitale o palmare e dalla loro immutabilità attraverso tutto l’arco della vita di un soggetto.
Ogni oggetto utilizzato a mani nude presenta depositi di secrezione della pelle, più o meno evidenziabili, che costituiscono, per una individuale configurazione delle creste papillari dei polpastrelli e delle palme, le impronte digitali e palmari. La pelle, che ricopre il corpo umano, presenta sulle superfici palmari e plantari una struttura particolare, caratterizzata da piccole sporgenze, dette creste papillari.
Queste hanno una configurazione caratteristica e sono intervallate da depressioni, dette solchi. Mediante il confronto è possibile l’identificazione di un’impronta certa ed inconfutabile.

Individuazione delle impronte
Il riconoscimento di un’impronta è molto raro per semplice visione, tranne che questa non sia depositata in presenza di sostanze, quali: sangue, grasso, polveri, inchiostro e vernici o qualsiasi altro materiale capace di rivelarle. Rilevante è anche il substrato ove è stata lasciata un’impronta, per esempio un’impronta su un vetro in controluce è visibile.
Nella maggioranza dei casi si riscontrano impronte parzialmente distinte e non rivelabili ad occhio nudo definite, pertanto, latenti e per le quali è necessario un trattamento chimico-fisico di evidenziazione.

Caratteristiche
L’esame delle creste papillari non è effettuato in via diretta ma sulla loro riproduzione speculare, vale a dire sull’impronta che esse lasciano per contatto su di una superficie. Le impronte papillari, secondo la zona della superficie interna delle mani cui si riferiscono, si distinguono in digitali e palmari. Le impronte digitali sono costituite da tre sistemi di linee (basilare, marginale e centrale) corrispondenti ad altrettante zone del polpastrello. In relazione all’andamento delle linee del sistema centrale si hanno quattro tipi di figure dattiloscopiche, indicate come: impronta “ADELTA” – impronta “MONODELTA” – impronta “BIDELTA” – impronta “COMPOSTA”.
Nell’impronta “adelta” il sistema centrale è costituito da linee che vanno da un lato all’altro della figura descrivendo un arco; nella “monodelta” il sistema centrale è costituito da un fascio di linee, chiamate lacci o anse, che fuoriescono da un lato della figura al lato opposto un delta; nella “bidelta” il sistema centrale si presenta come un complesso di linee che si chiudono in cerchi o spirali o in altri disegni, creando ai due lati un delta; nella figura “composta” il sistema centrale è caratterizzato da linee a forma di anse che si accavallano ad altre o ad archi, creando ai due lati un delta. Questi sistemi di linee costituiscono i caratteri generali di un’impronta digitale, mentre i caratteri particolari (punti caratteristici) sono rappresentati da particolarità o accidentalità (PECULIARITÀ) che spesso caratterizzano le creste papillari, quali: biforcazioni, termini di linee, interruzioni, deviazioni, tratti di linee, uncini, occhielli, isolotti in poche parole tutto quello che è “proprio” di un individuo. Inoltre qualsiasi cicatrice, taglio, “difetto” concorre, assieme ai punti caratteristici, a divenire peculiarità discriminante in un futuro confronto forense. I caratteri generali in concorso con i caratteri particolari e tutte le altre peculiarità consentono di differenziare o identificare, con assoluta certezza, le impronte tra loro, sia che trattasi di impronte digitali che di impronte palmari.
Il criterio tradizionale seguito al riguardo dai Servizi di Polizia scientifica, dei vari paesi, si basa su una valutazione quantitativa, integrata da quella qualitativa, dei “punti caratteristici” delle impronte prese in esame. Durante le indagini si esamina se tra i due termini messi a confronto, sussistono analogie per ciò che riguarda i caratteri generali e, quindi, se esistono corrispondenze relative ai caratteri particolari. In presenza di corrispondenze d’ordine generale si passa la confronto dei dettagli iniziando col ricercare, nell’impronta rilevata, un punto di riferimento (biforcazioni, tratti di linea, termini di linea ecc.) che abbia facile corrispondenza in un punto analogo dell’impronta del soggetto (o impronta di test); si procede, quindi, all’esame analitico delle due impronte in modo da localizzare un sufficiente numero di caratteristiche corrispondenti. Concludendo queste indagini, se oltre alle analogie nei caratteri generali vengono rilevate corrispondenze anche nei caratteri particolari, sul piano tecnico non può che pronunciarsi un giudizio di identità e unica provenienza tra le due impronte esaminate. Sarà quindi inconfutabile sostenere che le impronte provengono dallo stesso dito o dallo stesso palmo di un’unica persona.

Interpretazione forense dei punti caratteristici
Il criterio utilizzato per stabilire la sufficienza delle caratteristiche particolari, è fornito dall’indirizzo della giurisprudenza della Corte di Cassazione, secondo la quale: “L’indagine dattiloscopia può essere assunta dal Giudice come prova della identificazione della persona cui essa si riferisce se non vi sono dubbi sulla correttezza dei metodi di rivelazione, se la rivelazione stessa ed il confronto siano stati eseguiti con criteri scientifici e se sia stata rilevata una corrispondenza di almeno 14-15 punti d’identità”. Sentenza 1155 sez.2, Dep.3/02/1971 Ud. 19/10/1970 – Riv. 116506, Pres. Mosillo, Rel. Germano. Importante inoltre è la sentenza della Cassazione Penale – Sez.II, 23 Ottobre 1986, 11410 (Ud. 8 Maggio 1986) secondo la quale: “Le risultanze delle indagini dattiloscopiche offrono piena garanzia di attendibilità, senza bisogno di elementi sussidiari di conferma, purché evidenzino la sussistenza di almeno 16 o 17 pnti caratteristici uguali per forma e posizione tra le impronte digitali dell’imputato e quelle rilevate sul luogo del reato”.
Fine prima parte
Barbara Lopez

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